ALMA
incontra Algosena

Racconto di Ettore Toniolo
foto di Ettore Toniolo e Marianna Battocchio

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Ad Alice,
che per prima,
in un assolato pomeriggio estivo,
scivolando tra onde altissime e spumeggianti,
ha avvertito la presenza di Algosena.


 

Sono a pochi metri dalla spiaggia, sto percorrendo a piedi, uno stretto nastro d’asfalto grigio scolorito, sfrangiato ai lati e consumato dal tempo che tra pochi metri si trasformerà in una striscia di ghiaia e ciottoli vari per sfumare poi in un morbido nastro sabbioso e tiepido. Ai miei fianchi, mentre cammino, scorrono due palizzate di legno grezzo con i traversi quasi completamente scortecciati, subito oltre si modellano delle dune poco più alte di me ricoperte dalla tipica macchia mediterranea. Le prime nascondono quasi completamente le seconde che celano del tutto le terze e le successive. I rilievi scorrono fino ad abbassarsi completamente e si dissolvono per lasciare il posto ad una piatta ed assolata distesa di sabbia.

 

 

È in spiaggia anche il numero 34. Così l’ha chiamato la cameriera della pizzeria dove ho appena pranzato “Una bottiglia d’acqua al 34...”, “...si sta liberando il tavolo del 34”. Non c’è solo lui ma parecchie altre persone: coppie, famiglie, gruppi di amici, ma lui mi è balzato subito all’occhio, probabilmente per la vistosa maglietta. Passo a pochi metri da una coppia vestita all’ultima moda che in spiaggia porta tutta la tecnologia possibile e colgo un frammento di dialogo, lei: “...è lo sportivo più pagato al mondo.” lui: “ma va, è il più pagato del pianeta...” Non oso curiosare oltre e proseguo verso riva.

 

Con le scarpe in mano mi muovo tra triangoli e quadrati d’ombra per non ustionarmi i piedi. Trovo uno spazio libero sulla sabbia e vi stendo l’asciugamano. Mi sfilo il vestito. Mi siedo. Cerco nella borsa “La Spada di Shannara”* e sfogliandolo trovo il segnalibro a pagina 231: “… i passaggi tutti sommersi dai detriti, le mura solcate da crepe profonde, ogni cosa oscurata dalla polvere e dal vapore che saliva dall’acqua ribollente. Su un lato della caverna era ancora visibile la forma massiccia del serpente che si dibatteva negli spasimi dell’agonia contro la parete frantumata, massa enorme di scaglie e …”
Leggo da qualche minuto quando “...Alma…”. Una voce mi chiama da lontano, è mischiata al suono del mare, sembra uscire da ogni onda che sfuma sul bagnasciuga. A tratti scompare, soprattutto quando alzo la testa per cercarne l’origine, ma quando torno a leggere e mi trovo immersa nella storia la voce ritorna impastata tra le onde. Sembra quasi prigioniera della schiuma del mare e ad ogni frangersi si ripresenta debole, come se provenisse da lontano nel tempo o dalle profondità marine. Non riesco a proseguire nella lettura, mi stendo e chiudo gli occhi. Passa un minuto, trascorre qualche altro secondo ed ecco che la voce si ripresenta instancabile, lontana ma con lo stesso tono di prima. Mi chiama e aspetta, pronuncia il mio nome e poi sta zitta per un periodo indefinito di tempo.


*Romanzo fantasy del 1977 scritto dall’autore americano Terry Brooks,
primo di una lunga saga.

 

 

Mi rialzo e mi guardo intorno, nessuno sembra colpito da questa misteriosa voce, nemmeno le persone vicine a riva che dovrebbero sentirla distintamente visto che è chiaramente provocata dal ritmo del mare, o forse mi sbaglio. Nessuno batte ciglio, ognuno continua nella sua normale attività di bagnante o di sole-dipendente.
Mi avvicino a riva per verificare la provenienza della voce o suono che sia e non avverto niente d’insolito rispetto ad una comune spiaggia affollata di “utenti dell’arenile” come indicato in un cartello piantato a qualche metro da riva.

 

segue a pag. 2




Piantina Villa
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